DOVE SONO LE MIE BRACCIA QUANDO NUOTO? (di Gabriele Salvadori)

 Dove sono le mie braccia quando nuoto?

di Gabriele Salvadori 
giugno 2021

Come fa un nuotatore a sapere dove sono e cosa fanno il suo corpo e le sue braccia o le sue gambe?  Quel che sente corrisponde a quel che fa?

Come si informa l’uomo dei propri movimenti quando non li vede? Come li guida, li corregge , li modifica?

“Certi maestri credono ancora che sia possibile imparare con gli occhi i movimenti da effettuare: la pratica mostra che spesso si tratta di una illusione”;  è il fallimento della correzione dei gesti. 

Chi vuol correggere i movimenti del suo nuotatore si è posto il problema se il nuotatore da correggere ha una esatta percezione del proprio corpo?

Il tema dell’imitazione torna di attualità con la straordinaria scoperta dei “neuroni a specchio” dell’equipe del prof.  Rizzolatti all’università di  Parma,  i cui studi ed esperimenti compiuti sul cervello  hanno mostrato che nella scimmia e nell’uomo esistono neuroni motori che si attivano alla sola visione di movimenti finalizzati.     Al momento  la scoperta dei neuroni a specchio non sembra apportare  nulla di utile  all’insegnamento del gesto sportivo (vedi anche il libro di Michel Desmurget “Imitazione e apprendimento motorio, dai neuroni a specchio alla pedagogia del gesto sportivo”).

Sono tornato a rileggermi un prezioso saggio di Henry Wallon apparso nella collana  Enfance nel 1976 (tradotto da Nuova  Italia nel libro  “Psicologia ed educazione del bambino”).  Enfance è una piccola bibbia anche per chi si occupa di motricità umana.

Wallon ci ricorda che “Visibili sono soltanto i movimenti della mani e dei piedi, gli occhi non vedono gli occhi, né il volto , né la nuca e nemmeno il tronco nel suo insieme”

Far  sparire la testa sotto le braccia non è facile se non mi vedo!

A chi nuota non sono visibili nemmeno i movimenti delle proprie mani e dei piedi quando passano dietro al corpo.

Nella nostra cultura, per ragioni di oggettività e di semplicità, l’ordine visivo è prevalso su ogni altro per rappresentare il proprio corpo. 

A scuola vi hanno mai insegnato a scrivere su un foglio dietro alla schiena? Eppure è possibile con un po’ di esercizio. Come mai?

Come fa chi nuota ad informarsi dei suoi movimenti quando la visione di se stesso non gli è possibileL’essere umano ha altre fonti di informazione oltre agli occhi, che sono state definite tatto-muscolo-labirintiche.

La sensibilità sensoriale o tatto è una funzione che abbiamo in tutta la pelle del corpo, non solo nelle dita. Si dice che il tatto ci informa sul mondo esterno e sugli oggetti che tocchiamo. Tocco un oggetto e ne percepisco forma, dimensioni, superficie, temperatura, anche a occhi chiusi.

Si toccano gli oggetti per apprendere quando si è bambini, ma non è sufficiente per imparare a nuotare. Se il nuoto è la locomozione umana in acqua,  il tatto da solo non sa dirci nulla sui nostri movimenti. Per questo la categoria della manipolazione per i bambini, seppur utile a scopi di educazione generali, ha poco interesse specifico all’apprendimento della locomozione acquatica.

La sensibilità corporea o cinestesia è una rete di “radar”, di recettori, che stanno nel profondo del corpo, nelle articolazioni e nei muscoli; associati alle percezioni labirintiche si informano su quel che facciamo (anche se  non a distanza come gli occhi) dal punto di vista sia del movimento che della postura che assumiamo.

Per dirla in maniera semplificata: i nostri muscoli non solo effettuano il movimento ma anche hanno dei recettori che lo percepiscono mentre esso avviene.    Quando muovo un braccio riconosco cosa sta facendo, per esempio sento se è piegato o se la mano è chiusa,  senza aver bisogno di vederlo, ma non sempre sento dove è:

La cinestesia mi informa sui miei movimenti e il tatto sul mondo esterno e gli oggetti, insieme costituiscono lo schema corporeo, ma come costruisco la relazione tra movimenti del corpo e spazio esterno.

Dove avvengono i miei movimenti per esempio rispetto all’acqua?

Lo diceva già Galileo qualche secolo fa, un movimento non ha senso se non rispetto a un punto nello spazio.

Movimento e immobilità prendono senso uno dall’altro.

Regola molto importante per i nuotatori e gli sportivi in generale è che il tatto  lavori in combinazione con il senso cinestesico. Entrambi non lavorano a distanza come gli occhi e per questo ne sono subordinati. Ma come possono aiutarci gli occhi per tutti quei movimenti delle mani e dei piedi che non vediamo e per la stessa postura del nostro corpo rispetto all’acqua?

“I gesti hanno bisogno di un sistema di punti di riferimento sensitivo/sensoriali che li suscitano, li guidano, li controllano”(H.Wallon).

Come combiniamo il fattore cinestesico e posturale con le impressioni sensoriali?   Cos’è un  sistema di punti di riferimento?

Il tema è la strategia che mettiamo in atto come maestri di nuoto per aiutare il nostro nuotatore a raccogliere e memorizzare informazioni utili relative ai suoi movimenti nell’acqua e nell’aria.

Espressa in maniera semplice si tratta di una pratica in due fasi, che trova fondamento in quel che scrive Wallon ma che è frutto dell’affinamento di una tecnica di insegnamento  che funziona.

Nella prima fase il nuotatore compie in maniera sistematica e lentamente dei movimenti “guidati” da informazioni tattili dal mondo esterno (tocca con la spalla il muro, passa il braccio lungo il bordo, tocca con il pollice l’acqua, tirati con la corda, ecc..) durante i quali riceve le informazioni “muscolari” o cinestesiche corrispondenti a quei movimenti.    

Nella seconda fase gli si chiede di allontanarsi dagli oggetti che ha toccato come riferimento e compiere gli stessi movimenti che ha sentito ma guidati dalle sole informazioni cinestesicamente e che ora sa riconoscere anche in assenza delle informazioni tattili precedenti (nuota come se avessi ancora il muro, come se avessi il fondo, il corridoio,  ecc..)

Il nuotatore deve essere educato a sentire i propri movimenti, cioè  a sentire  i movimenti che fa aiutato dal mondo degli oggetti, acqua compresa.

Alcuni esempi aiutano la comprensione di questa strategia.

La postura

Come faccio a sapere se il mio corpo è dritto se non lo vedo? Se in piedi tocco il muro  con talloni, dorso, nuca e mani, il mio corpo è oggettivamente dritto come il muro. Non ho poi bisogno del muro per tenermi dritto perché ho sentito come usare muscoli e articolazioni.

Per cui posso adottare questa postura per esempio per saltare in piedi,  per il tuffo, per scivolare e devo  mantenerla quando nuoto.

Se, aiutato da un compagno, tocco il fondo della vasca con il dorso dei piedi, le cosce, il petto , i gomiti e le mani, il mio corpo è piatto ed orizzontale come il fondo.  

Poi devo restare ben dritto come sul fondo ma in superficie, per galleggiare o scivolare (si dice che miglioro la mia forma proiettile).

Quali sono le due fasi in questi casi?

PRIMA FASE – Le informazioni oggettive(sensoriali) provenienti dalla pelle e quelle soggettive (sensitive) provenienti dai recettori dei muscoli mi dicono la stessa cosa: il mio corpo è ben dritto e allineato. I due sistemi percettivi usano  canali o linguaggi diversi per dirmi : il tuo corpo è dritto come il muro o come il fondo . 

SECONDA FASE – Ora anche in assenza del riferimento del muro o del fondo della piscina, posso riconoscere  le informazioni cinestesiche   che corrispondono al corpo dritto. Il mio corpo ha la capacità di ricordare  cosa ha sentito in precedenza.

Le prime  bracciate

Come aiuto un principiante a girare le braccia in acqua, come costruire un primo abbozzo di bracciata?  Come intervenire quando le braccia vengono portate con un movimento dei fianchi e non usando le spalle? Come faccio a far sentire a un bambino lo spazio dietro al corpo dove passano le braccia nel recupero. Come lo aiuto a sentire che le braccia escono dall’acqua dietro al corpo?

Dove è per lui il piano in cui girarle? Come posso farglielo rappresentare?

Lo faccio uscire dall’acqua e girare le braccia vicino al muro facendo dei grandi cerchi; quando torna in acqua il principiante ha subito dei primi miglioramenti di traiettoria importanti.

Un adulto spesso ha bisogno della stessa esperienza se non l’ha mai fatta.

Altra attività che aiuta a organizzare  una prima bozza di azione delle braccia è per esempio quella tra due contenitori, due veri e propri muri di riferimento.

Dissociare le spalle

Anche il nuotatore di livello avanzato usa  il muro  per costruire meglio  il piano del movimento delle braccia e per mobilizzare le spalle (dissociarle dal tronco).

Questa attività può essere fatta sia per lo stile libero che per il dorso. Basta guardarsi intorno e troviamo sempre un muro, una porta, una vetrata che possono tornarci utili.

Il riferimento di orecchie e cosce.

Far avanzare  all’inizio della propulsione  toccandosi le orecchie con le spalle e le cosce con le dita (il pollice) con movimenti grandi e lenti, aiuta a sentire immediatamente dove è il corpo rispetto le braccia (o viceversa) e a fare bracciate più grandi e vicine al piano sagittale. 

(Orecchie e coscia in questo esercizio sono sentiti dalla spalla e dalla mano come fossero oggetti esterni al mio corpo).

Nuotare verso i piedi toccandosi orecchie e cosce, mantenendo il corpo sull’asse dello spostamento, aumenta la difficoltà di equilibrio e postura per i nuotatori più avanzati. Coltiva  una sensibilità più fine e una concentrazione su se stessi.

 L’uscita della mano

Quando la mano esce dall’acqua dopo la bracciata dove è rivolto il palmo?  Spesso nei principianti esce prima il dorso della mano ed il pollice è rivolto in fuori.  Si tratta di una anticipazione posturale della mano che entrerà in acqua dopo il recupero.  Ma l’uscita e il recupero con il pollice e non con il dorso della mano non è la più naturale ed economica.

Se mi metto spalle al muro ed esco con la mano toccandolo con i polpastrelli oppure se chiedo di uscite toccando con il pollice le cosce,  riconosco  a quali informazioni cinestesiche corrisponde l’uscita con il palmo.  

Profondità della bracciata

Se ho la tendenza a nuotare “grattandomi la pancia” cioè non andando in profondità con le mani a prendere l’acqua, nuoto toccando con le dita il fondo della vasca piccola o camminando con le mani (se ho le braccia lunghe) così sento a quali informazioni corrisponde una bracciata profonda. 

Gambe a rana

La tecnica di insegnamento che usa tatto e  cinestetico vale anche per i movimenti delle gambe che non vedo, per esempio quelli della rana. In particolare quando vi è difficolta a sentire come “aprire” i piedi per armarli e spingere l’acqua con la superficie dell’interno del piede.

Se mi siedo sul bordo della vasca con le gambe in acqua,  posso piegarle fino a sentire con i talloni il muro, poi aprire le punte dei piedi fino a toccarlo con i mignoli e finalmente riesco a  spingere l’acqua con la parte interna del piede che ho precedentemente sentito come orientare grazie al muro.

I piani di riferimento

Dopo aver brevemente spiegato con degli esempi come far sentire il movimento, volendo andare più a fondo, dobbiamo aggiungere ulteriori considerazioni.

Quale è nello spazio il sistema di riferimento dei miei movimenti e di chi osserva?  Tre piani lo individuano :  il piano (orizzontale) dell’acqua, il piano di simmetria o sagittale (verticale) del mio corpo, il piano delle spalle (perpendicolare ai primi due) nel quale vi è un avanti e un indietro (dove vado e da dove vengo).  L’asse principale del corpo è individuato dall’incontro del piano sagittale e da quello dell’acqua.

Il nuotatore deve costruire sistematicamente  l’esatta informazione sui propri movimenti rispetto a questi piani di riferimento e all’asse del corpo.  

La costruzione va fatta con movimenti lenti per poter essere percepiti e con le braccia tese, per interessare i milioni di recettori della spalla ( J.Paillard).  Lo spazio che non ho toccato, che non ho vissuto sensorialmente, sempre secondo il neurofisiologo Jaques Paillard,  è uno spazio vuoto e che non conosco.

Spazio dietro al corpo

Lo spazio che non conosco per eccellenza nel nuoto è quello dietro al corpo, che spiega per esempio  nel principiante la difficolta a far uscire le braccia dall’acqua nel recupero. 

Se toccarsi tra loro le mani durante la traiettoria sott’acqua costruisce il piano sagittale sotto al corpo,  è toccarsi le mani tra loro dietro (sopra) al corpo  che ci fa conoscere questo  spazio.

Piano sagittale

Alcuni esercizi   aiutano a sentire dove passano le braccia sott’acqua, cioè profonde e sul piano di simmetria (sagittale) del corpo, per prendere l’acqua davanti al centro e mandarla verso i piedi (principio fisico di azione e reazione).

Nuotare con i propulsori (mani e braccia) sotto al corpo e vicino al piano sagittale, è molto interessante perchè le mobilizzazione delle spalle (rollio) è il mezzo per avere braccia più lunghe e tirare l’acqua in asse senza perdita di allineamento.

Tirarsi con la corda

Va tenuto presente che (come i piedi quando camminiamo) le mani devono cercano di tirare su un solo binario e non su due binari paralleli. Questa informazione viene data quando si nuota tirando un braccio alla volta una corda posta sott’acqua alla profondità di un braccio. L’attività rinforza l’attività delle braccia profonde e al centro.

Corridoio

Nuotare dentro un corridoio “stretti tra due muri” è estremamente  educativo per l’equilibrio del corpo e della bracciata. L’idea è sempre quella di nuotare con le spalle che ruotano attorno all’asse principale del corpo e non a zig-zag.

Piano dell’acqua

Se il piano sagittale è quello di riferimento dell’azione propulsiva, il piano dell’acqua è il piano di riferimento del recupero.

I prossimi  esercizi servono appunto a costruire sensorialmente il piano dell’acqua.  Solo se ho l’esatta conoscenza di dove è il confine tra aria  e acqua posso fare delle scelte sulla traiettoria del recupero, altrimenti non so dove passo.

Combinazione dei piani

Ecco un  esercizio combinato  per una conoscenza più fine dello spazio sia propulsivo che di recupero del braccio, una azione nella quale il braccio deve trovare dove e come passare per fare meno fatica,  mantenere un buon equilibrio e una efficace coordinazione con l’azione propulsiva dell’altro braccio.

Il recupero e il  piano delle spalle

Nuotare toccando con il dorso della mano l’acqua è molto utile per riconoscere dove è il braccio rispetto all’acqua . Sentire dove è l’acqua permettere di regolare la distanza dalla superficie a cui passare. (Inoltre farlo nell’altra corsia tiene la mano lontana dalla spalla ed è più “libero” il braccio).

Quando il braccio recupera non è la mano che tira il braccio ma viceversa  è il gomito che tira la mano. Chi deve passare per primo nel recupero il piano verticale delle spalle ?  La  mano o il gomito ?  Nella propulsione deve avvenire il contrario, se verticalizziamo mano e avambraccio (il famoso gomito alto).

Inoltre se la mano non deve passare tra  gomito  e spalla se cerchiamo la scioltezza del recupero.  Mano e avambraccio devono “pendere” dal gomito. Come farlo sentire?

Una  sintesi possibile

Quest’ultimo video mette insieme più apprendimenti e rappresenta un po’ la sintesi finale, il prodotto (provvisorio e migliorabile) dell’attività di costruzione di cui si è dato qualche esempio. Come si vede anche nella foto non si nuota sul petto ma sul fianco, anzi alternativamente su un fianco e poi sull’altro. Nel mio modello di nuotatore evoluto, il rollio del corpo fa si che il braccio propulsivo passi sotto al corpo e il braccio che recupera passi sopra al corpo. Entrambi vicino o nel  piano sagittale.

La costruzione è la pedagogia dell’allievo attivo che fa, che tocca, che sente, che esplora e sperimenta senza sosta e non dell’allievo che ascolta, che guarda e che cerca di copiare senza riuscirvi perché non ha fatto le esperienze necessarie .

Altra regola importante.

La neurobiologia (J.P. Changeaux,  L’uomo neuronale) ci insegna che le funzioni  che non si usano più si perdono.

 Perciò il nuotatore deve dedicare una parte dell’ allenamento ogni giorno alla tecnica, per nuotar bene, cioè non deve abbandonare attività per migliorare la sua  sensibilità cinestesica secondo i suoi bisogni. Ma quali sono questi bisogni?

L’osservazione del nuotatore resta il punto di partenza dell’insegnamento, questi esercizi e quelli che potrete inventare voi sono una medicina da usare per obiettivi mirati.  Quale è il vostro quadro di riferimento teorico dell’osservazione? In base a tale quadro, cosa sa fare attualmente il vostro nuotatore? (Notate non dico cosa sbaglia).  Cosa migliorare? Quale è l’esercizio che può farlo migliorare? E dopo, in cosa è migliorato? Cosa proporgli per migliorare ancora?

Spero di essere stato utile ad una riflessione. Buon lavoro a tutti.